"Era questo vivere?
Vedere incurvarsi gli slanci, fino a che l'arco non scompare e strisciamo a terra, ritornando alla terra, nuovamente, come se fossimo stati l'eterna eccezione, ma così carina, da bambina, ma così forte, da grande.
Una parata d'illusioni e il morso della coscienza.
No, non era questo vivere.
Qualcosa d'altro vive che non è di noi, mostruoso, in noi.
Il dolore insegna.
Il dolore insegna che è inutile.
Il dolore dimostra che è brutto e cattivo.
Che non c'è scampo fuori dall'illusione, dalla distrazione.
Il dolore ti inchioda alle cose.
Il dolore è l'unico maestro.
Ma il languore marginale delle semplici situazioni mentre le vivi, il loro mostrarsi per quello che sono, incapaci di chiedersi nulla, mentre sono lì, e tu sei con loro, quando ne condividi la sorte e tu sei cosa tra le cose, è in quel momento che entri a far parte del gioco, ne sei complice fino al midollo, non ne puoi uscire, è questo che capita a tutti, o a quasi tutti, quando non decidi nulla ma lasci che ti attraversi il fiume e ogni obbligo diventa parte di una fiaba, ogni sorsata d'acqua è una festa perchè tu appartieni a una storia più grande e quella storia sei tu che hai sete, assolutamente sete, e bevi, non pensi più a nulla, ogni pensiero è abolito, non c'è coscienza, c'è solo trasformazione di un liquido in altri liquidi, la pura biologia, l'efficienza della natura, l'articolarsi del soggetto nella sua sacca naturale delle resistenze, con le amicizie, le parentele, i divertimenti.
Non pensare.
Non pensare.
Non pensare."
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